giovedì 5 giugno 2008

I magistrati di Salerno: «Gravi ingerenze nel lavoro di De Magistris»

«Più indagava e più i vertici della Procura di Catanzaro lo denunciavano agli organi disciplinari»

CATANZARO - «Il contesto giudiziario in cui si è trovato ad operare il pm Luigi De Magistris negli anni della sua permanenza a Catanzaro appare connotato da un'allarmante commistione di ruoli e fortemente condizionato dal perseguimento di interessi extragiurisdizionali, anche di illecita natura». Lo afferma la Procura della Repubblica di Salerno, nel provvedimento con cui ha chiesto l'archiviazione nei confronti di De Magistris, sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro, nell'ambito dell'inchiesta avviata nei suoi confronti su denuncia di magistrati e altri soggetti coinvolti nell'inchiesta «Toghe lucane», di cui il pm in servizio nel capoluogo è titolare.
L'INCHIESTA - L'inchiesta è stata condotta dal Reparto operativo del Comando provinciale dei carabinieri di Salerno, titolari il procuratore della Repubblica di Salerno, Luigi Apicella, e il sostituto procuratore Gabriella Nuzzi. Il procuratore Apicella mercoledì mattina è stato a Catanzaro, dove ha ascoltato il procuratore generale di Catanzaro, Enzo Iannelli e dopo tre ore di incontro non è riuscito ad ottenere alcuni documenti dell'inchiesta Why Not. Catanzaro non ha concesso la documentazione richiesta perché l'inchiesta è attualmente in corso. I magistrati di Salerno, quindi, evidenziano nel provvedimento di richiesta di archiviazione «la pressante attività di interferenza alle indagini posta in essere dai vertici della Procura della Repubblica di Catanzaro, e resasi sempre più manifesta con il progressivo intensificarsi delle investigazioni da parte del pm De Magistris. Alle continue ingerenze sull'attività inquirente è risultata connessa, secondo una singolare cadenza cronologica - è scritto ancora nel provvedimento - la trasmissione di continue denunce e segnalazioni agli organi disciplinari ed alla Procura di Salerno».

VERIFICHE SU PERQUISIZIONI A GIORNALISTI - La Procura di Salerno sta inoltre verificando se collaboratori di polizia e giornalisti di cronaca giudiziaria siano stati coinvolti strumentalmente in inchieste condotte dalle Procure di Matera e Catanzaro, subendo anche perquisizioni. Tra i giornalisti perquisiti, su ordine della Procura di Matera, risultano: Carlo Vulpio, inviato del Corriere della Sera; Gian Loreto Carbone, inviato della trasmissione Rai «Chi l'ha visto»; Nicola Piccenna, giornalista del settimanale Il Resto; Nino Grilli, direttore de Il Resto; Manuele Grilli, editore dello stesso settimanale. A loro era stato contestato, in concorso con il capitano dei carabinieri Pasquale Zacheo, il reato di associazione per delinquere finalizzata alla diffamazione. Altra giornalista coinvolta nelle indagini, questa volta della Procura di Catanzaro, è Chiara Spagnolo, del Quotidiano della Calabria, a cui era stato contestato, tra l'altro, il reato di divulgazione di atti coperti da segreto: subì una perquisizione su ordine della Procura di Catanzaro.

DE MAGISTRIS: ACCUSE INFONDATE - E De Magistris ha così commentato la notizia: «Mi sono difeso, in questi mesi, da esposti e denunce ingiusti ed infondati, esprimendo sempre massima fiducia nella magistratura di Salerno, competente per legge». Poi ha aggiunto: «Ho anche rappresentato molteplici fatti sempre nelle sedi istituzionali e in primo luogo all'autorità giudiziaria di Salerno, per contribuire doverosamente, da magistrato, ad evidenziare l'attività di ostacolo posta in essere ai miei danni ed alle funzioni che ho cercato e cerco ancora di svolgere nell'esclusivo interesse della giustizia».

SVILUPPI - E ora? Ora sembra probabile che la Procura di Salerno vada oltre al provvedimento di archiviazione e si ipotizza possa portare avanti un'indagine contro gli stessi magistrati che hanno sottratto le inchieste Why Not e Poseidone a De Magistris. Intanto il primo luglio, la prima sezione disciplinare del Csm deve decidere in merito al trasferimento di De Magistris. Ma tra coloro che dovranno giudicare ci sono componenti del Csm stesso oggetto delle indagini di De Magistris. Un vero e proprio groviglio.

Fonte corriere della sera

mercoledì 4 giugno 2008

IL CAMPO D’AVIAZIONE NON E’ UN POLLO DA SPENNARE

La città di Fano non possiede un parco pubblico degno di questo nome. A tutt’oggi, la migliore area verde cittadina sono i “Passeggi”: un doppio filare di ippocastani e tigli che insistono su un canale artificiale recintato, tra l’altro non di proprietà dei fanesi, ma per gentile concessione dell’ENEL.

Senza un parco cittadino di pregio, che non sia ridotto a una semplice zona verde di mitigazione tra una strada e un aeroporto, Fano rimarrà una città mozza; se ai fanesi verrà sottratta l’ultima risorsa spendibile in tal senso, sarà compiuto l’ennesimo sacrificio sull’altare degli interessi dell’economia e del potere.

Sull’area del Campo d’Aviazione da anni si fronteggiano molti appetiti: l’aviazione generale, gli aeromodellisti, la speculazione edilizia, i paracadutisti, le imprese agricole, alcuni ricchi industriali e recentemente anche gli ultraleggeristi. Fino ad oggi, le amministrazioni che si sono susseguite hanno dato ampio spazio a tali interessi e molto meno al parco, agognato da tanti cittadini che da anni il 2 giugno lo dimostrano appropriandosi di quell’area anche per un solo giorno, grazie al lavoro encomiabile dell’associazione Bartolagi.

Nel corso degli anni, poco alla volta, su quell’area si sono costruiti gli hangar con i soldi pubblici, è stata aperta al traffico una strada realizzata prima a senso unico e recentemente a doppio senso, è stata ampliata la preesistente recinzione aeroportuale fino ad impedirne il circuito podistico. L’ultimo colpo, però, sarà inflitto dal nuovo Piano Regolatore comunale, che ha sancito il taglio dell’area con un’arteria stradale di grande comunicazione, comprensiva di rotatorie, oltre alla possibilità di costruire immobili “a servizio” del verde per 17.000 mq! Non bastasse, l’ultimo Piano Triennale degli Investimenti del comune prevede di utilizzare 300.000 euro di soldi pubblici per asfaltare la pista dell’aeroporto, in virtù di un presunto sviluppo economico che è stato qualificato insensato e non fattibile da parte di competenti economisti e studi super partes.

Su quell’area i fanesi hanno sacrificato già troppi soldi a servizio di pochi eletti, ma questo non è un motivo per continuare a spenderne degli altri, rincorrendo chissà quale altro improponibile sviluppo dell’aeroporto, comunque incompatibile con la funzione ricreativa ed ecologica del futuribile Parco pubblico.

Se gli urbanisti e gli economisti nei loro piani di sviluppo inserissero i costi ambientali, sociali e sanitari, ben altre sarebbero le scelte sul territorio: non ci sarebbero le case vicino ai camini delle fabbriche a Bellocchi, non si spenderebbero soldi pubblici per realizzare le scogliere artificiali necessarie a difendere strade e caseggiati costruiti praticamente nell’acqua, né gli abitanti di Carrara avrebbero dovuto pagare il loro tributo in termini di salute, accerchiati come sono da una cava-discarica, una fornace e una centrale elettrica.

Basta con le scelte sbagliate: che facciano un passo indietro tutti i portatori di singoli ed egoistici interessi, in nome di quelli di un Parco vero e di pregio, di cui finalmente l’ambiente e tutti i cittadini possano trarre vantaggio.

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