domenica 18 gennaio 2009

Grande Renato Curcio ieri a Pesaro!!


2 ore d'eccezione con un protagonista della storia recente d'Italia: Renato Curcio ci ha tenuto per due ore appesi alle sue parole, tutti attenti a non perderne una.
E ha parlato dei campi di concentramento che sono i CPT, dove lo stato segrega i migranti senza che abbiano commesso alcunchè, solo perché "NON GRADITI", e poi, dopo giorni, o mesi, dice loro siete liberi, tornatevene a casa. Ma questi scappano in Italia, in Europa, in cerca di un lavoro, ma il messaggio che gli rimane impresso è "Tu puoi rimanere, ma sappi che per 10 anni vivrai qua SENZA DIRITTI CIVILI", NON_CITTADINI, esseri di serie B.
E Curcio ha citato prima Lombroso poi Ottolenghi, che all'inizio del 900 istituì il sistema di prendere le impronte digitali a chiunque entrasse in carcere, in base al presupposto che chi delinque, o è stato sospettato di farlo, agguingo io, sarà portato "per sua natura" di nuovo a delinquere.
Quegli esseri di serie B li ritroviamo ai Mercati generali a Milano, nelle imprese di pulizie della Grande Distribuzione, in coop. che hanno l'appalto, e lavorano fianco a fianco con i dipendenti di Auchan Carrefour Ipercoop Esselunga ecc. , naturalmente a tempo determinato, - quelli che Grillo chiama "Gli schiavi moderni", ma che, rispetto ai migranti, sempre non in regola, clandestini, senza diritti civili, - sono dei privilegiati, e non si devono lamentare di essere precari a vita, che altrimenti, se "parlano" se si lamentano, possono fare la fine loro, e andare a lavoraere nelle cooperative che sono in appalto.

Ha parlato anche dei "dispositivi", citando Michel Focault, e fra i dispositivi quello che i dipendenti dei grandi ipermercati NON devono parlare fra loro, non devono COMUNICARE, così rimangono SOLI davanti al datore di lavoro che cerca di fare con ciascuno un accordo, per accontentarli su un loro bisogno, ma ricattandoli su tutto il resto.
Interessanti i richiami al carcere, ospedale psichiatrico, carcere psichiatrico (inventato da Lombroso come via di mezzo tra i primi due...) come ISTITUZIONI TOTALI, raccontando un episodio personale di quando era nel 74 a Casale Monferrato.
Sono intervenuto anch'io come altri.
Ho comprato un suo libro, RECLUSIONE VOLONTARIA, edito da Sensibili alle Foglie, casa editrice cooperativa, che per non subire il ricatto delle case distributrici, non è presente nelle librerie, ma vende direttamente.
www.sensibiliallefoglie.it il sito
sensibiliallefoglie at tscali.it la sua mail.

Ettore

1 commento:

  1. Tratto dal libro "Reclusione volontaria" di Renato CurcioLungointernamento e reclusione volontaria



    La dizione 'lungointernamento' implica una misura solitamente riferita alla scala temporale dell'istituzione, al calendario giudiziario, agli anni 'scontati'. Alcuni ritengono che il recluso rientri nella categoria dopo 10 anni d'internamento. A me sembra tuttavia che dalla parte del reclusoil passaggio all'esperienza del lungointernamento si collochi nel punto di crisi che scardina il suo immaginario, non appena egli rea.lizza che di fronte a lui si spalanca il tempo della pena. E cio' puo' accadere anche dopo pochi mesi d'internamento.
    Qui interessa la risposta a questa catastrofe del mondo che fino ad allora strutturava il suo immaginario, a questo crollo del Senso entro cui si costituivano la sua esperienza del tempo e dello spazio, la sua sensibilita' e le sue dinamiche cognitive. La quale puo' essere di totale rifiuto a modificare il suo stato di coscienza, ed allora la crisi si proietta in uno scenario di scardinamenti psicofisici e di morte. Oppure di elaborazione creativa di un mondo di Senso Altro, in cui richiudersi ermeticamente per salvare la sua vita. Alla reclusione volontaria, in questo caso si sovrappone uno stato di reclusione volontaria.
    La reclusione volontaria implica necessariamente una o piu' reclusioni volontarie, la loro lucida percezione, il sentimento diffuso in tutto il corpo della sofferenza patita, l'elaborazione a lungo meditata di un dolore esistenziale senza scampo, e l'impegno di tutte le proprie residue energie nella piu' radicale rivolta esistenziale a tutto cio'.
    In questa prospettiva la reclusione volontaria e' nello stesso tempo la piu' totale accettazione e il piu' risoluto rifiuto della reclusione; uno stato di coscienza doppio e dissociato. Il 'salto' nella reclusione volontaria elegge uno stato modificato di coscienza a Senso del non senso, a gioia nel dolore, a vita nella morte. Per questo essa viene tanto piu' pienamente vissuta quanto piu' netto e' lo stacco, quanto piu' ineffabile la sua condizione. Non puo' essere detta perche' non deve essere detta.Il luogo della reclusione volontaria vive nell'inaccessibile alla coscienza ordinaria poiche' e' per definizione luogo di fuga, riserva protetta, 'castello interiore' difeso da inespugnabili bastioni.
    La reclusione volontaria e' appunto volontaria: scelta, decisa, esclusiva e solitaria. Chi la pratica ne porta totalmente la responsabilita'.
    Il territorio del corpo in cui si compia isola le piste della sofferenza battute e ribattute dalla cognizione della reclusione involontaria. Il corpo del recluso volontario diventa per cio' stesso 'invulnerabile'. Cio' che nello stato di reclusione non voluta lo ferisce, nello stato di coscienza della sua autoreclusione diventa impotente; le sue dinamiche culturali, psicologiche, neurofisiologiche vengono sospese, 'staccate', e girano in folle.
    Tra i due stati, vive una transe.
    Dal verbo latino transire, la transe allude ad un trapasso che implica discontinuita' e mutamento di contesto [8]. Da questo all'Altro mondo , nel significato originario; da uno stato ad un altro di coscienza e del corpo, nel significato che noi privilegiamo.
    Ma l'esperienza della transe, oltre ad un 'andare' comporta un 'restare'. Mentre una parte di se' trapassa, un'altra resta;resta proprio la' dove chi compie l'esperienza non ce la fa piu', nel suo stato ordinario, a restare. L'umano che la vive, in breve, si disaggrega, nel senso forte che Pierre Janet ha dato a questa parola, ma il filo della comunicazione essenziale tra le due parti non si spezza [9]. Una terza parte s'incaricainfatti di tenerla viva, d'osservare tutto cio' che in esse o in relazione ad esse succede, e d'intervenire attivamente qualora un pericolo qualsiasi si profili all'orizzonte.
    Fenomenologicamente si 'esce' da un corpo per entrare in un altro, beninteso sempre nello stesso. Corpi simultanei le cui piste cognitive, emozionali, simboliche ed esperienziali non combaciano. http://isole.ecn.org/sissc/curcio.htm

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